Viaggiare nel deserto è, per un certo aspetto, stranamente simile a viaggiare in mare: dall’ambiente circostante non hai alcun segnale di cambiamento e t’induca a pensare che i giorni di viaggio ti stiano portando a destinazione. Quando decidi di navigare verso una meta che non è familiare i soliti punti di riferimento della vita quotidiana vengono spazzati via. Che fine fa il passare del tempo? (…) È davvero un altro giorno? Oppure stai vivendo ancora ieri? Poi d’improvviso tocchi terra e scopri che nel corso di quel giorno che si è ripetuto e ripetuto all’infinito, hai attraversato mezzo globo [Vicino Oriente. Da Aleppo a Mosul, Gertrude Bell, trad. C. Colla e V. Pesci]
Il fascino che l’Oriente esercita sugli occidentali è innegabile e per persone come Gertrude Bell l’esplorazione di questi luoghi lontani diventa una sorta di missione. Storica, archeologa, alpinista, cartografa, scrittrice prolifica, fotografa, documentarista, linguista e orientalista, Gertrude Bell, nacque nel Regno Unito nel 1886, fu la prima donna a laurearsi ad Oxford con il massimo dei voti e in soli due anni.
Dopo il primo viaggio in Oriente, Gertrude Bell non poté più fare a meno di tornare e, alla fine, di stabilirsi in questi luoghi desertici, a tratti ostili e impervi, soprattutto per una donna. Per molti anni fece delle esplorazioni la sua vita: viaggiò attraverso Paesi pericolosi, spesso a dorso di cammello o cavallo, seguendo infinite carovane e guide locali; la Bell fotografava, scriveva e acquisiva dettagli che le permisero di diventare una delle più importati orientaliste dell’epoca, sempre rispettando, quasi con devozione, le tradizione dei nomadi arabi.
Tra il 1905 e il 1913 Gertrude Bell compì cinque esplorazioni in Medio Oriente, viaggiando in Palestina, Israele, Libano, Siria e Mesopotamia.
“Vicino Oriente. Da Aleppo a Mosul” (tradotto da Cristina Colla e Valentina Pesci, Nuova Editrice Berti) è la cronaca del viaggio compiuto nel 1909, all’età di ventitré anni. Nel gennaio del 1909 la Bell si trova ad Aleppo ed è decisa a raggiungere Mosul passando per Kerbela e Baghdad.
(…) non c’erano molti europei che, nel gennaio del 1909, avevano le idee chiare di cosa fosse l’Asia al di fuori di Costantinopoli e di Salonicco (…) Appena sono atterrata a Beirut ho cominciato a lasciarmi alle spalle gli schemi europei, alla ricerca del vero significato delle grandi parole d’ordine che avevano guidato la rivoluzione. Ad Aleppo (…) ho imparato qualcosa delle speranze e delle paure, della felicità, dell’inquietudine e dell’indifferenza dell’Asia [Vicino Oriente. Da Aleppo a Mosul, Gertrude Bell, trad. C. Colla e V. Pesci, Nuova Editrice Berti]
A dorso di cammello e seguendo le carovane del deserto, la Bell registra con occhio critico e antropologico tutte le sfumature umane che si manifestano tra Aleppo e Mosul, destinazione finale di questa spedizione. Gertrude Bell cerca di descrivere e rappresentare attraverso i suoi scritti e le sue fotografie, quei luoghi così lontani e allo stesso tempo così vicini dall’Europa.
Come scrive Cecilia Mutti nella Nota biografica e al testo, nell’edizione italiana si è preferito dare spazio alle descrizioni antropologiche e sociali delle diverse comunità arabe incontrate durante il viaggio, in quel periodo di passaggio che è l’inizio del Novecento, mentre sono state messe da parte le descrizioni dettagliate e tecniche dei siti archeologici incontrati nel corso della spedizione, anche se sono presenti diversi cenni archeologici per farsi un’idea di quello che si poteva trovare in Mesopotamia all’inizio del secolo scorso.
L’archeologia e l’approfondimento dell’architettura rimasero sempre passioni per Gertrude Bell, tanto che fu la promotrice della realizzazione del Museo Archeologico di Baghdad nel 1923.
Quando la Prima Guerra Mondiale si profilò sull’orizzonte, Gertrude Bell fu una figura necessaria per i funzionari di Londra, date le sue competenze sull’Oriente; la Bell servì a destabilizzare l’agonizzante Impero ottomano, alleato dell’Impero tedesco dopo gli accordi del 1914: Gertrude Bell, in quei concitati anni, visse un’altra vita, quella di un ufficiale onorifico dei servizi segreti militari della Corona inglese.
Alla fine del conflitto, Gertrude Bell venne nominata esperta orientalista per stabilire i nuovi confini degli Stati nati dalla dissoluzione dell’Impero ottomano. Nel 1921 la Bell si ritrovò al Cairo con personaggi del calibro di Winston Churcill e Lawrence d’Arabia e contribuì a creare il regno dell’Iraq, unendo le province di Mosul, Bassora e Baghdad che conosceva bene grazie ai suoi numerosi viaggi.
“Perché,” mi chiese, “viaggiate così lontano dalla vostra terra?”
Risposi che mi spingeva la grande curiosità di vedere il mondo e tutto ciò che vi era da scoprire.
“Avete ragione,” rispose allora lui. “L’uomo non ha molto tempo da vivere, è naturale che desideri vedere tutto quello che può. Vedere tutto del mondo è un desiderio naturale. Ma pochi hanno il tempo di farlo – cosa volete? Siamo esseri umani.” [Vicino Oriente. Da Aleppo a Mosul, Gertrude Bell, trad. C. Colla e V. Pesci, Nuova Editrice Berti]
A chiedere a Gertrude Bell perché viaggi così lontana dall’Inghilterra è il mullah custode della tomba di Sir Ikbal, un “uomo cortese e allegro, vestito con abiti lunghi e un turbante bianco sul capo“. Quella del mullah suona quasi come una profezia: “l’uomo non ha molto tempo da vivere” e Getrude Bell muore a soli 40 anni, a Baghdad, dove è stata sepolta. Gertrude Bell è morta giovane ma ha cercato di vivere al massimo la sua vita, lasciando ai posteri una serie di esaltanti avventure.
Titolo: Vicino Oriente. Da Aleppo a Mosul
L’Autrice: Gertrude Bell
Traduzione dall’inglese: Cristina Colla e Valentina Pesci
Editore: Nuova Editrice Berti
Perché leggerlo: per conoscere la straordinaria figura di Gertrude Bell e per chi ama i viaggi, quelli avventurosi
(© Riproduzione riservata)
Appassionanti queste testimonianze di viaggi avventurosi e di incursioni nella grande Storia! 🙂
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ho letto la sua biografia e l’ho trovata davvero affascinante! una donna unica da cui prendere ispirazione
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“Sulle sabbie del deserto come sulle acque degli oceani non è possibile soggiornare, mettere radici, abitare, vivere stabilmente. Nel deserto come nell’oceano bisogna continuamente muoversi, e così lasciare che il vento, il vero padrone di queste immensità, cancelli ogni traccia del nostro passaggio, renda di nuovo le distese d’acqua o di sabbia, vergini e inviolate”
(Alberto Moravia)
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