Marco Balzano | Resto qui

D’estate scendo a fare due passi e costeggio il lago artificiale (…) Nel giro di pochi anni, il campanile che svetta sull’acqua morta è diventato un’attrazione turistica. I villeggianti ci passano all’inizio stupiti e dopo distratti (…) Come se sotto l’acqua non ci fossero le radici dei vecchi larici, le fondamenta delle nostre case, la piazza dove ci radunavamo. Come se la storia non fosse esistita [Resto qui, Marco Balzano]

L’iconico campanile che si eleva dalle acque del lago di Resia è una delle attrazioni turistiche più struggenti dell’Alto Adige. A vederlo è bellissimo: si tratta di una torre campanaria trecentesca, che in inverno può essere raggiunta a piedi se il lago gela, circondata dalle alte Alpi Venoste.

Ma un luogo, all’apparenza romantico, può nascondere una storia ben più dolorosa: le vicende legate al lago di Resia e degli abitanti della Val Venosta, sono narrate nell’eccezionale romanzo “Resto qui” di Marco Balzano (Einaudi).

È Trina che, con tono malinconico ma mai melodrammatico, racconta alla figlia scomparsa in circostanze misteriose la storia della Val Venosta, delle sue genti e delle violenze subite nel corso degli anni, da persone con credo politici e obiettivi diversi, dagli anni Venti agli anni Cinquanta.

All’indomani della Prima Guerra Mondiale, i territori dell’Alto Adige passano dal controllo austriaco a quello italiano. Trina all’epoca è una giovane ragazza che studia per diventare maestra, ma quando nel Sud Tirolo arrivano i fascisti iniziano i primi guai.

Il fascismo sembrava esistere da sempre. Da sempre c’era stato il municipio col podestà e i suoi tirapiedi, da sempre c’era la faccia del duce appesa ai muri, da sempre c’erano i carabinieri che venivano a mettere il naso nei fatti nostri (…) Ci eravamo abituati a non essere più noi stessi (…) [Resto qui, Marco Balzano]

Mussolini vieta di parlare in tedesco nei luoghi pubblici, gli impiegati di madrelingua tedesca vengono licenziati se non si adeguano e sostituiti da impiegati giunti da ogni parte d’Italia; “Vietato parlare in tedesco“, un monito che serpeggia nella valle. Il duce disturba anche i morti: nomi e cognomi teutonici sulle lapidi vengono sostituiti con nomi italiani.

Trina non si arrende: su consiglio di Pa’, sceglie di insegnare nelle scuole tedesche clandestine. Lei adora insegnare il tedesco ai bambini, ma la punizione per chi viene scoperto è il confino. Nel frattempo, mentre sempre più valligiani incominciano a sperare nell’intervento risolutivo di Hitler e si avvicinano all’ideologia nazista, Trina si sposa con Erich.

Sperare in Adolf Hitler era la ribellione più vera. Quella ribellione si faceva palpabile ai tavoli dell’osteria, nei ritrovi clandestini (…) ma svaporava quando soli nelle stalle mungevano le mucche e s’incamminavano verso la fontana a dissetarle. Sonnecchiammo così (…) fino all’estate del ’39, quando i tedeschi di Hitler vennero ad annunciare che, se lo volevamo, potevamo entrare nel Reich e lasciare l’Italia. La chiamarono la “grande opzione” [Resto qui, Marco Balzano]

Erich è un uomo semplice, buono, dedito alle sue bestie e ai suoi pascoli. Un uomo che non si risparmia, che lavora duramente per mantenere la sua famiglia; e soprattutto, Erich ama la sua terra e per nulla al mondo l’abbandonerebbe.

“Allora prendiamo i bambini e andiamocene via”.
“No!” gridava.
“Perché vuoi stare qui se rimarremo senza lavoro, se non potremo più parlare tedesco, se distruggeranno il nostro paese?”
“Perché qui ci sono nato, Trina. Ci sono nati mio padre e mia madre, ci sei nata tu, ci sono nati i miei figli. Se ce ne andremo avranno vinto loro.” [Resto qui, Marco Balzano]

Stretti tra due morse, i fascisti e i nazisti, Trina ed Erich resistono finché la guerra si fa troppo aspra, finché il primogenito si unisce ai nazisti, finché a malincuore i due capiscono che l’unico modo per sopravvivere a quegli anni è darsi alla macchia in montagna.

Fascismo e nazismo sono stati due grossi problemi per la valle, ma ce n’è un altro ben peggiore. Si tratta di una minaccia che torna puntuale, a ondate, uno spettro che aleggia sin dal 1911: il progetto della costruzione di una grande diga che avrebbe unito due laghi e prodotto, da progetto, notevoli quantità di energia elettrica.

I progetti e lavori per la costruzione della diga si sono interrotti, nel corso degli anni, a causa delle due guerre ma arrivati alle soglie degli anni Cinquanta, complice il boom economico e la richiesta di energia, non si può rimandare oltre. E il terzo nemico da combattere, per i valligiani, ha un nome e un obiettivo ben preciso: la Montecatini, che costruirà la diga e sommergerà Curon, con la sua piazza, la chiesa, il municipio e il maso di Erich e Trina.

Ci avessero domandato quel giorno qual era il nostro desiderio più grande, avremmo risposto che era continuare a vivere a Curon, in quel paese senza possibilità da dove i giovani erano scappati e tanti soldati non erano più tornati. Senza voler sapere niente del futuro e senza nessun’altra certezza. Solo restare. [Resto qui, Marco Balzano]

Resto qui” di Marco Balzano è un romanzo che mi è piaciuto così tanto che mi sono ritrovata più volte a tornare indietro e rileggere i capoversi che mi avevano colpita alla prima lettura, oltre a commuovermi in certi passaggi. Suddiviso in tre parti – Gli anni, Fuggire, L’acqua – “Resto qui” è uno di quei libri che contengono due storie: quella della Val Venosta, schiacciata e minacciata dalla Storia, e quella personale di Trina.

Per entrambe, Balzano adotta uno stile all’apparenza semplice, ma ogni parola è ben calibrata, senza sbavature ed eccessi, utilizzando spesso un tono poetico e a tratti lirico, come quando Trina ripensa alla figlia scomparsa, l’ideale uditrice di questa vicenda.

La tua immagine mi sfuggiva (…) Eri come il volo di una farfalla, lento e sbilenco eppure difficile da afferrare [Resto qui, Marco Balzano]

Marco Balzano è riuscito a raccontare una storia difficile, e lo ha fatto regalando ai lettori dei personaggi indimenticabili, sinceri, passionali, perfettamente reali. Balzano ha descritto una valle, la Val Venosta, così fiera e orgogliosa delle sue tradizioni, della sua lingua e della sua cultura; una valle abitata da persone caparbie e combattive, pronte a tutto per difendere i propri masi e campi dall’inondazione.

E soprattutto, Balzano ha dato voce ad un luogo che a prima vista sembra semplicemente una bizzarria, un campanile romanico perfettamente restaurato che emerge dalle cupe acque di un lago alpino, ma che in realtà nasconde storie lunghe e travagliate: quelle di Trina ed Erich, di un angolino di Sud Tirolo, di chi, nonostante i soprusi, guerre e violenze, ha cercato di non arrendersi, ha cercato di resistere.

Fatti, storie, fantasie, ciò che contava era averne fame e tenersele strette per quando la vita si complicava o si faceva spoglia. Credevo che mi potessero salvare, le parole [Resto qui, Marco Balzano]

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Curon Venosta, ricostruita dopo aver sommerso la vecchia Curon (fonte: Wikipedia)

Titolo: Resto qui
L’Autore: Marco Balzano
Editore: Einaudi
Perché leggerlo: perché è un romanzo magnifico che racconta della Val Venosta e delle sue genti, perché insegna che dietro ad un luogo all’apparenza fiabesco, possono esserci storie difficili da accettare

(© Riproduzione riservata)

8 pensieri su “Marco Balzano | Resto qui

  1. Icaro ha detto:

    Come ti avevo commentato su facebook, ero già affascinata dalla copertina! Sono stata (più volte) da turista al lago di Resia ma se vai oltre al primo impatto suggestiv ma molto molto turistico, ne percepisci il dramma che a quanto ci anticipi è ben raccontato nel libro. Quel campanile dovrebbe insegnarci qualcosa.

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    • Claudia ha detto:

      Ciao e grazie per essere passata anche sul blog 🙂 Immagino che a prima vista il campanile nel lago sia qualcosa di affascinante e fuori dal comune, ma per chi conosce la storia ha tutto un altro significato!

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    • Claudia ha detto:

      Ciao Ivana! Senza dubbio è un romanzo importante e dovrebbe decisamente insegnarci qualcosa 🙂 La cosa bella che è anche scritto molto bene, per cui è proprio piacevole da leggere e rileggere 🙂

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  2. tanadeilibri ha detto:

    Ho scoperto dell’esistenza di questo luogo grazie a un’amica che lo ha visitato da turista, per poi scoprirne l’agghiacciante retroscena. Qualche tempo dopo ho sentito parlare di “Resto qui” e ho capito che era un segno del destino. Concordo totalmente con la tua recensione, libro consigliatissimo, per conoscere e non dimenticare.

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