Éric Faye | Sono il guardiano del faro

Ci sono luoghi che da sempre mi hanno affascinata. Il faro, per esempio, è uno di questi: mi è sempre sembrato un luogo fuori dal tempo e dallo spazio, un po’ misterioso, cupo ma dispensatore di luce, e il suo guardiano l’ho sempre visto come un’entità romantica. Attratta dalla bella copertina, dal titolo e dalla nuovissima casa editrice, ho letto “Sono il guardiano del faro” Éric Faye (traduzione di Valentina D’Onofrio, Racconti edizioni, 150 pagine, 14 €).

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Titolo: Sono il guardiano del faro

L’Autore: Éric Faye è uno scrittore e saggista francese. “Sono il guardiano del faro” ha vinto il Prix des Deux Magots nel 1998

Traduzione dal francese: Valentina D’Onofrio

Editore: Racconti edizioni

Il mio consiglio: è un’ottima raccolta di racconti, molto raffinati e sofisticati, per chi cerca una prosa che la potenza di una poesia

Non si partiva più dai porti; non ci si arrivava che dall’entroterra. Pensavo ai guardiani del faro sotto la notte oceanica, alle città tagliate fuori dal mondo, ai monasteri perduti; a tutti gli uomini che, volutamente o no, facevano esperienza di un ritiro, di uno scalo all’io profondo. Linee invisibili a occhio nudo collegavano quei punti e una parte di me viveva l’estinzione dei fuochi sul monte Athos, un crepuscolo sul mare o la nostalgia di un guardabarriere. Sul dirupo delle solitudini, l’ibernazione diventava un rifiugio per anime in pena. [Sono il guardiano del faro, Éric Faye]

Un treno corre all’infinito senza mai giungere alla stazione, luogo che per i viaggiatori diventa sempre più inarrivabile e irreale. Un viaggiatore s’intestardisce a visitare la città di Taka-Maklan, fermata purtroppo soppressa sulla linea ferroviaria a causa di problemi legati all’abitato stesso. Ci sono persone che cercano di scalare muri – frontiere – sempre più alte e irraggiungibili, fino ad arrendersi e a vivere negli anfratti del muro stesso. Un uomo trova un’agendina che predice il suo futuro. Una donna, una sirena, quasi annegata si ritrova su una spiaggia della penisola greca, dove sorge il Monte Athos.

I mercanti di nostalgia riesumano ricordi in un originale mercatino dell’usato. L’ultimo rappresentante della sua specie si rende conto, con orrore, di essere davvero rimasto l’ultimo. Un uomo attende la sua amata per lungo tempo, rendendosi conto che forse non tornerà mai più. Infine, il guardiano di un faro costruito su uno scoglio nel mezzo di un oceano impetuoso racconta la sua storia e le sue frustrazioni.

Ho sempre sognato una società in cui il numero di parole assegnato a ciascuno nella vita venisse limitato, contatore alla mano. Ci sarebbe da ridere. Alcuni diverrebbero muti prima ancora della pubertà, altri risparmierebbero le parole, farebbero fruttare i propri silenzi come investimenti, eredità ai loro rampolli chiacchieroni. Per quanto mi riguarda non ho niente da dire, ma forse alcuni, dal momento che si parlerebbe meno ma bene, sceglierebbero parole più precise, troverebbero il modo per dire tutto in una parola sola come in cento [Sono il guardiano del faro, Éric Faye]

E’ sempre difficile parlare di una raccolta di racconti, c’è il rischio di rivelare troppo, soprattutto riguardo quei racconti che si sviluppano in poche pagine. Con la sua scrittura fluida, poetica benché sia una forma di prosa, Éric Faye ha la capacità di trasportare lontano, mentre si legge, e a tratti di inquietare un po’.

Le parole che usa Faye per scrivere i suoi racconti hanno il sapore della poesia e della salsedine, dalle pagine traspare il profumo delle alghe e del sole. Sono spesso viaggiatori, o solitari, i personaggi di Faye: i viaggiatori si spostano soprattutto in treno, mentre i solitari si arroccano in fari sperduti o si rendono conto di essere rimasti soli, o perché sono gli ultimi della specie, oppure perché la persona con la quale avevano appuntamento con arriverà.

Leggere una prosa essenziale che sa di poesia e profuma di mare e libertà non è così scontato: i temi affrontati nei nove racconti scelti ritornano con ciclicità e con precisione Éric Faye li analizza e rianalizza. Sono racconti che a prima vista sembrano semplici, ma che letti tra le righe permettono di riflettere molto.

Il sentimento di aver messo la sua vita tra parentesi, d’averla appesa a un filo a sgocciolare, non gli era poi così sgradito. Non voleva far altro che acquattarsi sul fondo, questo viaggio era solo un pretesto per fuggire, un modo per rendersi conto che non aveva legami da nessuna parte. Gli uomini di questo posto erano stati risucchiati in un buco nero. Ne approfittavano per fare pulizia, uccidere gli antichi demoni, cacciare i fantasmi dal loro piedistallo e chiudere le ferite aperte. Ma lui? Non aveva nulla di particolare da dimenticare, non aveva niente di suo, a parte un nome e un cognome [Sono il guardiano del faro, Éric Faye]

 (© Riproduzione riservata)

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