Jill Eisenstadt | Rockaway Beach

Cara Alex, come stai? In questo momento sto aspettando la telefonata di un tizio che mi ha promesso di trovarmi un lavoro a Fish R Us. Non c’è altro sostanzialmente. La storia di fare il vigile del fuoco è andata a farsi benedire: la lista degli iscritti al test d’ingresso è già lunga sei isolati. Potrei entrare nella guardia costiera, fare lo sbirro o cose del genere ma non so (…) Il fratello di Chowder diventerà insegnante di ginnastica. È strano dover diventare qualcosa, così all’improvviso [Rockaway Beach, Jill Eisenstad, trad. L. Taiuti]

È strano dover diventare qualcosa o scegliere di diventare qualcuno all’improvviso. E quando si ha la sensazione che il periodo più bello della propria vita stia per terminare, oltre che strano è anche angosciante.

Sono gli anni Ottanta, a Rockaway Beach, e la trama non potrebbe essere più classica: ci sono quattro amici, Timmy, Chowder, Peg ed Alex, e ci sono i loro dubbi e paure sul futuro. Le incertezze legate alla loro identità e a quello che vorrebbero fare nella vita, i litigi tra loro e i dissapori tra le proprie famiglie.

Se Peg e Chowder, assieme ad altri, sono quasi di contorno e non si sognano di lasciare il luogo dove hanno sempre vissuto, i veri protagonisti del romanzo – che poi sono quelli che nel corso della vicenda crescono di più – sono Timmy ed Alex.

Timmy lascia la scuola, più per fare un dispetto alla madre bigotta e alla zia suora, e preferisce trascorrere le giornate in spiaggia sulla torre di guardia del corpo dei bagnini, poi vedrà; forse per l’inverno cercherà un lavoro in un supermarket o farà il concorso per diventare vigile del fuoco, o non sa.

Alex vince e accetta una borsa di studio per un college nel New Hampishire ed è la sua partenza il punto di rottura. Timmy ed Alex stavano insieme, si amavano, ma lei sembra sapere cosa vuole, diversamente da Timmy e dagli altri.

Ma al college Alex scopre che l’ambiente è molto diverso da come se l’era immaginato: all’interno della scuola ci sono passaggi obbligati, prove da superare per essere accettati, bisogna avere un ragazzo altrimenti si passa per sfigati. Così Alex conosce Joe, forse ne innamora o forse no, comunque lo porta a conoscere i suoi genitori a Rockaway a Natale. Forse lo porta a casa solo per far ingelosire Timmy, che a Rockaway d’inverno senza Alex si annoia e gli sembra che il tempo non passi mai.

Quando ritorna l’estate e Alex rientra a Rockaway Beach, trova cose diverse e cose uguali. E matura una certezza: che alla fin fine lei si sente fuori posto, in ogni luogo.

Fuori posto a scuola, fuori posto a casa, a corto di argomenti, a corto di fiato, lenta a capire qualsiasi cosa di ogni cosa. Quando si allontana da Peg, che rimane lì con i capelli sul viso, non sa più come sentirsi, solo giovane e un pochino triste [Rockaway Beach, Jill Eisenstad, trad. L. Taiuti]

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Rockaway Beach Boulevard (fonte: Wikipedia)

Rockaway Beach” di Jill Eisenstadt, tradotto da Leonardo Taiuti per Black Coffee edizioni, è un romanzo che arriva dritto dagli anni Ottanta e leggendo lo si capisce molto bene. Quando la Eisenstadt pubblicò “From Rockaway” era il 1987 e lei aveva ventiquattro anni, uscita indenne da poco dall’adolescenza dei primissimi anni Ottanta.

Quello che salta subito agli occhi, è il forte disagio giovanile che vivono i ragazzi. A parte Alex, nessuno di loro sa esattamente cosa vuole dalla vita e mirano unicamente a far passare il tempo, anche se allo stesso tempo hanno paura che passi troppo in fretta e che il miglior periodo della vita scivoli via.

Il romanzo è una serie di instantanee che abbracciano un anno, dal momento in cui i quattro amici escono dal ballo di fine anno – sì, c’è anche Timmy, benché abbia lasciato la scuola – al momento in cui si riuniscono dodici mesi dopo, con Alex completamente cambiata e con Timmy che è in dubbio se la ama ancora oppure no.

Proprio perché è il tempo a dare ritmo alla vicenda – il suo trascorrere inesorabile – “Rockaway Beach” ha una narrazione con velocità altalenante: a tratti scorre rapida, a tratti non procede perché sembra che non succeda assolutamente nulla. In effetti, nelle località marine come Rockaway, in inverno il tempo è davvero infinito.

Tra le feste in spiaggia, gli scherzi pesanti e la vita del college aleggia sempre un’insoddisfazione di fondo. Più i protagonisti provano a raggiungere l’estremo, meno capiscono di loro stessi. E allora entrano nel circolo vizioso di provare qualcosa di ancora più mortale: come gettarsi in acqua tuffandosi da diciotto metri d’altezza.

“Perché hai dovuto farlo?” vuole sapere Alex (…) “Ma per vedere se sarei sopravvissuta, è ovvio”. [Rockaway Beach, Jill Eisenstad, trad. L. Taiuti]

Più leggevo, più mi sentivo distante dalla realtà dei ragazzi. Non li biasimo, e nemmeno li comprendo. A volte avrei voluto scuoterli, gridar loro che – mannaggia – sono giovani e hanno tutta la vita davanti, non sono né dei falliti. Avrei voluto dir loro che la vita vera è là fuori che li aspetta, e che anche se non sono perfetti, non è necessario esserlo. E che è veramente troppo breve, effimera, sfuggente.

Una volta ho letto che le larve delle effimere vivono diciotto anni nel fango, sul fondo delle pozze, e che quando escono e finalmente diventano insetti, si accoppiano e muoiono nel giro di un’ora. Questa sì che è vita, eh? Be’, non sentirti in obbligo di rispondermi ma [Rockaway Beach, Jill Eisenstad, trad. L. Taiuti]

Titolo: Rockaway Beach
L’Autrice: Jill Eisenstadt
Traduzione dall’inglese: Leonardo Taiuti
Perché leggerlo: per essere catapultati nei veri anni Ottanta su una spiaggia del Queens e per vivere il vero disagio di un gruppo di adolescenti che ha il terrore di crescere, e di perdere tutto

(© Riproduzione riservata)

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