Intervista d’autore #4 | “Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati” di Davide Bacchilega

Ho avuto la possibilità di porre alcune domande a Davide Bacchilega, autore del romanzo giallo “Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati” edito da Las Vegas edizioni: ringrazio Davide per aver dedicato il suo a rispondere alle mie domande. Buona lettura!

La prima è una domanda personale: diventare scrittore era un tuo sogno o è semplicemente successo?

Sono diventato scrittore? Non me ne ero accorto! Battute a parte, la mia personale teoria è che per definirsi “scrittore” sia necessario guadagnarsi da vivere con la scrittura, riuscire a pagare la spesa al supermercato e le bollette che spuntano dalla buchetta. Chi ce la fa, ha il diritto di compilare con la parola “scrittore” il campo Professione sulla carta d’identità. Sulla mia, invece, si legge “pubblicitario”. Nonostante questo, e grazie a questo, per me diventare scrittore è più di un sogno: è un obiettivo.

Il romanzo “Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati” ha un meccanismo narrativo pressoché perfetto: dove hai tratto l’ispirazione per scrivere questo incredibile giallo?

Le idee per il romanzo sono arrivate da tutto ciò che ho letto, visto e sentito prima di iniziare a lavorare sul testo. In particolare, le narrazioni che più di altre sono state fondamentali per spingermi a scrivere Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati sono state quelle di Una squillo per l’ispettore Klute, un film noir del 1971 diretto da Alan Pakula, e dei romanzi 1974 e 1977 di David Peace.

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Il libro di Davide Bacchilega edito da Las Vegas edizioni (foto: Claudia)

“Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati” è un romanzo con un titolo decisamente evocativo: vivo in un piccolo paese ed è spesso vero che i peccati sembrano molto più grandi. Come avete scelto, tu e gli editori, questo titolo?

La frase “più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati” è una sorta di tormentone che ricorre in diverse pagine. Viene pronunciata per la prima volta dall’ex direttore del quotidiano Romagna Sera, il cinico Sabatini; è ripetuta più volte da uno dei protagonisti, il non meno cinico Michele Zannoni, giornalista di cronaca nera. È un motto che fa da filo conduttore a tutta la vicenda e in un certo senso la riassume. Quando l’ho suggerito come titolo del libro, l’editore ha avuto inizialmente qualche perplessità, per via della sua lunghezza. Chi sarebbe riuscito a ricordarlo? Di contro, aveva riconosciuto che la formula era originale e adeguata allo spirito della storia, con tutte le potenzialità per incuriosire il lettore. Come è finita lo sappiamo. A mia difesa posso comunque affermare con certezza che i titoli dei film di Lina Wertmüller sono molto più lunghi!

I tuoi personaggi, Mauro su tutti, sono pieni di tic e manie, caratteristiche che li rendono a dir poco unici: per qualche personaggio in particolare ti sei ispirato a persone che in passato hai davvero conosciuto o sono tutti frutto della fervida fantasia?

Tutti i personaggi del libro, in fin dei conti, possiedono dei tratti di personalità piuttosto diffusi,  presenti in misura diversa in ognuno di noi (anche in te, non credere!). Solo che io ho calcato la mano su certe caratteristiche, ingigantendo ad esempio disturbi ossessivo-compulsivi (Mauro) o portando alle estreme conseguenze disillusione e disfattismo (Michele). Ho iniettato nei miei personaggi tic e manie comuni, ma in quantità così massicce da renderli insoliti. “Normalità” e devianza sono irrorate dalla stessa linfa. La differenza la fa il dosaggio.

Stile narrativo: una delle cose che più ho apprezzato del tuo romanzo è il fatto che ogni capitolo sia affidato ad un personaggio diverso, e ogni capitolo successivo riprenda la frase finale del precedente. Questa forma narrativa, che ha lo scopo di rendere avvincente e originale la vicenda, era già presente nella prima edizione del romanzo – pubblicato con il titolo “Bad news” (Giulio Perrone Editore, 2011) – oppure è una delle rivisitazioni di questa seconda edizione con Las Vegas Edizioni?

Era presente fin dall’inizio. Nella prima edizione del libro così come nel primo manoscritto uscito dalla mia stampante. La rivisitazione effettuata con Las Vegas non ha riguardato la struttura narrativa, ma si è concentrata su aspetti più formali. Riprendere in mano il romanzo dopo qualche anno mi ha fatto capire che nel frattempo avevo guadagnato una maggiore consapevolezza e maturità come autore. Senza cambiare nulla della storia e senza tradire le intenzioni espressive della prima versione, ho ritenuto necessario migliorare l’efficacia del testo condensando la scrittura ed eliminando qualche pagina superflua.

Hai ambientato il tuo romanzo in Romagna, la tua terra, non in estate bensì in inverno. Scelta insolita, dato che la fama della Riviera romagnola è legata soprattutto all’estate. Come mai hai scelto questo periodo e ci potresti dare qualche buon motivo per visitare la Romagna fuori stagione?

Avevo in mente di scrivere un noir oscuro, torbido e nebbioso, seppure intriso di ironia. L’inverno e l’indole romagnoli hanno contribuito a ricreare il clima perfetto per questo tipo di narrazione. Vuoi visitare la Romagna fuori stagione? Beh, ti potrei raccontare di quanto è romantico il mare in inverno, descriverti come luccicano di storia i mosaici bizantini di Ravenna, illustrarti qual è la sottile differenza tra la piadina romagnola e la piada riminese… Ma lascia perdere: vieni in estate che ti diverti molto di più.

In questo momento stai lavorando ad un nuovo libro? Se sì, ci puoi raccontare qualcosa in più?

Ho terminato da qualche mese un nuovo romanzo, ma per ora è un progetto segretissimo. Così segreto che non ho ancora capito nemmeno io di cosa si tratta.

Chiudo con un consiglio: da scrittore, hai qualche suggerimento per quei ragazzi che oggi vorrebbero diventare scrittori?

Leggere tanti libri e poi leggerne altri ancora. E quando si è finito di leggerli, uscire di casa, fare una passeggiata, infilarsi nella prima libreria che capita e comprarne un altro paio. E altri due ancora, già che si è lì. Insomma, vivere per la lettura. E se mentre si vive per la lettura si inizia a scrivere qualcosa, bisogna essere consapevoli che lo si può scrivere meglio, e poi meglio ancora, e che quel meglio ancora non sarà mai abbastanza perché qualcuno alla fine lo boccerà. E sarà il primo di mille rifiuti. Solo dopo avere completato il giro completo dei fallimenti si inizierà a scrivere davvero. Da quel momento, oltre che per la lettura, si dovrà iniziare a vivere anche per la scrittura. E farlo con umile ambizione, spregiudicata dedizione e disciplinata follia.

Intervista a cura di Claudia Pezzetti

4 pensieri su “Intervista d’autore #4 | “Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati” di Davide Bacchilega

    • Claudia ha detto:

      Ciao Chiara!
      Grazie del commento 🙂 Sono felice che con l’intervista ti sia ulteriormente incuriosita. In generale, quando ho la possibilità di intervistare uno scrittore o una scrittrice chiedo sempre i consigli per gli aspiranti scrittori!

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