Christiana Ruggeri | Dall’inferno si ritorna

Il Novecento, tra le sue tante definizioni, viene anche chiamato “il Secolo dei genocidi“: tanti, troppi popoli hanno patito l’inferno della repressione nel sangue ad opera di uomini senza scrupoli e senza morale. E’ forse più noto il genocidio degli ebrei ad opera delle forze naziste della Germania, ma molti altri popoli meriterebbero un loro Giorno della Memoria. L’ultimo e drammatico genocidio è stato quello dell’etnia tutsi per mano dell’etnia hutu, in Ruanda, nel 1994. Indicativamente, è stato calcolato che in quei 101 giorni di follia, ogni 5 minuti veniva commesso un brutale omicidio.

indexTitolo: Dall’inferno si ritorna

L’Autrice: Christiana Ruggeri è giornalista degli esteri per il Tg2 inviata in zone di guerra e in Africa. Scrive e firma reportage sulla situazione minorile e femminile nei Paesi in via di Sviluppo. Laureata in italianistica, fotografa per passione, considera il viaggio come elemento necessario per la comprensione del mondo. E’ anche un’attivista per i diritti degli animali.

Editore: Giunti

Il mio consiglio: sì, perché non possiamo dimenticare l’ultimo genocidio del Novecento e inoltre metà dei proventi della vendita del libro vanno al Progetto Rwanda Onlus

La mattina in cui hanno ucciso la mia famiglia sembrava un giorno come gli altri. Però non un giorno qualunque, ma uno di quei giorni strani, che abbiamo vissuto la settimana precedente gli assassinii. D’altronde la morte non ti manda un avviso per posta, quando decide di arrivare. Di solito si presenta e basta. Perché quei tre mesi del Ruanda è come se non fossero appartenuti a questo mondo, ma all’altro: all’inferno, che aveva sbagliato indirizzo. E le persone erano impazzite, tutte le loro abitudini erano andate all’aria. [Dall’inferno si ritorna, Christiana Ruggeri, citazione pagina 34]

Nel libro “Dall’inferno si ritorna“, (Editore Giunti, 232 pp., 14,90 euro) Christiana Ruggeri racconta ai lettori italiani la vera storia di Bérénice, detta Bibi, una ragazza che oggi vive a Roma e studia medicina all’Università La Sapienza, ma che ha alle spalle una dolorosa e drammatica storia.

Nell’aprile del 1994 Bibi e la sua famiglia vivevano in pace e in modo onesto in prossimità di Kigali, in Ruanda; Bibi viveva con il suo amato nonno, la madre, il fratellino, la zia e i cuginetti. Ma la famiglia di Bibi per alcuni aveva una colpa gravissima: far parte dell’etnia tutsi, quella gente benestante del Ruanda degli anni ’90, quella gente che ricopriva cariche politiche e amministrative e svolgeva lavori importanti come medici o insegnanti, benché fossero la netta minoranza della gente del Ruanda.

Il Ruanda era per me un luogo perfetto, anche se era l’unico che conoscevo. Lasciava spazio ai sogni e alle speranze. Prima. E, come diceva il nonno, il mare non ci serviva. Però sapevo cos’era: un’immensa distesa di acqua come il lago Kivu, solo più grande, con l’aggiunta del sale. In quel viaggio, al contrario, mi sembrava di essere atterrata in un luogo sconosciuto. Una terra calpestata esattamente come quelle anime uccise poco prima. La violenza coinvolgeva tutti: persino i fili d’erba. [Dall’inferno si ritorna, Christiana Ruggeri, citazione pagina 111].

I demoni si manifestano in Ruanda il tra il 6 e il 7 aprile del 1994, quando dopo che l’aereo presidenziale viene abbattuto con un missile terra-aria, inizia la follia e la vendetta degli hutu contro i tutsi. Inizialmente, nessun governo straniero interviene. Né l’ONU, né la Croce Rossa internazionale, né l’Unicef. Nessuna ONG. I ruandesi sono lasciati soli, ad uccidersi tra di loro, con violenza inaudita.

L’unico regalo alla nostra infanzia distrutta era non capire che il Ruanda sarebbe diventato stato l’inferno per centouno giorni. E nessuno ci aveva avvertito: neanche quelli, come il nonno, che avevano intuito la pianificazione del genocidio e avevano provato a metterci in guardia. O chi aveve subodorato che un carnage di dimensioni apocalittiche avrebbe quasi annientato un’intera etnia e segnato per sempre ogni cosa, persino la geografia di questa verde perla africana. [Dall’inferno si ritorna, Christiana Ruggeri, citazione pagina 111].

La famiglia di Bibi non viene risparmiata: a colpi di machete gli hutu indemoniati massacrano tutti i parenti di Bibi. Colpiscono anche Bibi: le dilaniano il braccio con il machete e le sparano una raffica di colpi in pancia. Ma Bibi non molla, non muore anche se è davvero malconcia. Gli assassini scappano lasciandola agonizzante in terra, tra il sangue dei suoi cari.

Bibi viene salvata dalla sua grande forza di volontà e dalla carità di alcune persone che incontra sul suo cammino. Viene soccorsa dai vicini di casa, hutu moderati, che rischiano la vita per portarla all’ospedale. Incontra poi Mama Lucy, una donna forte di carattere, anch’essa hutu e moglie di un militare molto importante. Ma spesso Bibi viene lasciata sola a prendere delle decisioni che non si confanno ad una bambina di soli 5 anni.

Emaciata, affamata, provata dalla fatica fisica e psicologica, riesce a superare il confine tra Ruanda e Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo), dove la situazione è un poco più tranquilla e dove a Goma incontra Gerard e Asterelle, due persone caritatevoli che la accolgono come una figlia. Quando finalmente termina la follia hutu, dopo 101 giorni e quasi un milione di morti, Bibi torna in Ruanda per cercare di costruirsi una vita e per farsi aiutare e curare il braccio distrutto dai demoni.

Da parte mia avevo imparato a fotografare gli attimi importanti. Il genocidio era stato maestro, con la sua scia di rimpianti che avrebbe segnato tutta la mia vita. Mettevo in cornice i momenti da ricordare, quei passaggi dolci che la vita ti regala e poi ti porta via per sempre, come se la mente fosse un muro bianco da impreziosire con tanti quadretti di memoria. E così mi sforzavo a inserire nel cervello ogni dettaglio […] E quelle pillole di tenerezza mi avrebbero fatto compagnia, nel cuore oltre che nella memoria, insieme a quelle di chi amavo e avevo perso. Anzi, che continuavo a perdere. [Dall’inferno si ritorna, Christiana Ruggeri, citazione pagina 179].

Grazie alla generosità di una famiglia italiana, Bibi riesce a lasciare il Ruanda per studiare in Italia. Dato che durante il genocidio aveva ricevuto l’aiuto di molti medici (anche italiani), Bibi decide di diventare medico per aiutare gli altri. Ma Bibi non vuole restare in Italia, vuole tornare in Ruanda dopo la sua specializzazione perché la sua gente ha ancora tanto bisogno d’aiuto, sopratutto di pediatri e ginecologi. E poi, dice Bibi, ogni vero ruandese sogna tornare nelle verdi terre della perla centro-africana, quel piccolo stato reso fertile dai vulcani e dall’acqua del lago Kivu.

La storia di Bibi è drammatica e struggente, ricca di speranze e amore. Perché è vero che “quando c’è la guerra i sogni non ci sono“, ma quando la guerra finisce c’è di nuovo spazio per la vita e i desideri della gente.

 

2 pensieri su “Christiana Ruggeri | Dall’inferno si ritorna

  1. federica ha detto:

    quello che mi ha sempre colpito del genocidio del ruanda è come è facile convincere il tuo vicino di casa, con cui fino a ieri avevi rapporti civili e cordiali, che ora sei tu il nemico da ammazzare a colpi di macete….

    voglio leggere questo libro, assolutamente

    Piace a 1 persona

    • Claudia ha detto:

      Temo che sia facilissimo instillare odio verso il prossimo, sopratutto in questi anni in cui la tecnologia dilaga. Bastano qualche informazione falsa, qualche pregiudizio e stereotipo e il gioco è fatto, l’odio è servito.
      Certo! Ti presterò il libro molto volentieri!!!

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