Igiaba Scego | Cassandra a Mogadiscio

Proprio come il ricordo di Mogadiscio. Mi ripara e mi annienta. Da un lato è così dolce ritrovarla com’era, intera, nella mia testa, in vecchie fotografie, nelle parole di chi non l’ha mai dimenticata, nel trillo acuto della voce di Hibo Nuura. Ma allo stesso tempo la sua assenza mi devasta ancora. E la rivedo come quando l’ho salutata l’ultima volta, senza contorni né confini. (…) Ormai Mogadiscio è morta. Si trova nel paradiso (o forse dovrei dire inferno) delle città perdute. La vedo seduta accanto a una Troia sanguinante, mentre Cassandra, la figlia di Ecuba e Priamo, ne osserva le cicatrici. E le sue lacrime diventano polvere.
E se quella Cassandra fossi io, Soraya?
Una Cassandra che vede il Jirro sovrastare i continenti.
Non più figlia di Ecuba e Priamo, ma di Chadigia e Ali.
Una Cassandra a Mogadiscio.
Igiaba Scego, Cassandra a Mogadiscio

Questa è la storia di una grande famiglia, di un sentimento che pervade i componenti e si manifesta tra loro; è la storia di due paesi, la Somalia e l’Italia, intrecciata tra loro; è una storia che parla di emozioni, dolori, traumi, affetti e colonialismo.

Il sentimento che accomuna molti dei rappresentanti della famiglia Scego è il Jirro, difficile da definire a parole: si potrebbe tradurre come “malattia” o “trauma”, in realtà è una condizione che un essere umano prova quando vive una guerra – da vicino o attraverso la televisione -, è un cuore che si spezza, un netto taglio tra un prima spensierato e un dopo lacerato e carico di paura e morte. La famiglia Scego è una famiglia disporica, strappata dal proprio Paese a causa del colonialismo, delle dittature e delle guerre sanguinose, nonché dai traffici internazionali.

E’ intimo e toccante il libro “Cassandra a Mogadiscio” di Igiaba Scego, pubblicato da Bompiani: con grande delicatezza e in punta di piedi, l’Autrice conduce chi legge attraverso le vicissitudini – antiche e recenti vissute dalla sua famiglia, sullo sfondo di Somalia e Italia.

Per narrare le vicende, Igiaba Scego sceglie di scrivere a una delle sue nipoti, Soraya, una lunga lettera. Soraya è nata e vive in Canada, perciò non parla italiano; la nonna, mamma dell’Autrice, parla il somalo, l’italiano e il chimini, ma non l’inglese. Ecco che sin dalle prime pagine compare uno degli ostacoli principali delle famiglie diasporiche: la lingua.

Gli anziani e le prime generazioni conoscono il somalo, che potrebbe essere la lingua franca; ma le seconde generazioni, e così via, lo ignorano a discapito della lingua del paese in cui nascono e crescono; così Soraya è invitata dalla nonna a imparare l’italiano, per comunicare con lei, perché la nonna di cose da raccontare ai nipoti ne avrebbe tantissime. La memoria non deve essere cancellata.

Mio padre era nato dentro un sistema coloniale, Soraya, un sistema in cui la divisione tra individui è netta e precisa. Bianchi qui, neri lì. Bianchi superiori, neri inferiori. Bianchi civilizzatori, neri da civilizzare. Bianchi padroni, neri sudditi.
Igiaba Scego, Cassandra a Mogadiscio

Così Igiaba inizia il racconto per Soraya (e per noi). Roma, primi anni Novanta. Igiaba è pronta per la festa di Capodanno, ma in breve tutto va in pezzi; Igiaba capisce che M non terrà mai conto di lei e laggiù, nel paese d’origine dei suoi genitori, sta per iniziare una terribile guerra civile.

I genitori di Igiaba vivono a Roma ormai da diversi anni, il padre era un funzionario dello Stato somalo ma aveva dovuto scappare a causa del nuovo regime; i genitori a Roma si sono integrati tra mille difficoltà e per vivere questa vita hanno compiuto non pochi sacrifici; ma in Somalia ci sono i figli maggiori, quelli rimasti laggiù, perché solo Igiaba è “l’italiana” della famiglia. E la madre parte. Va in Somalia, durante la guerra civile, ci si butta a capofitto senza pensare allo strappo che provocherà nel cuore della figlia minore.

Nessuno pensa mai di potersi trovare in prima persona in mezzo a una guerra. Non pensi mai che possa capitare proprio a te. E io non avrei mai immaginato che mia madre sarebbe scomparsa per due anni in una delle guerre civili più devastanti del pianeta.
Igiaba Scego, Cassandra a Mogadiscio

Il Jirro, eccolo. Si manifesta in Igiaba attraverso i disturbi alimentari che la caratterizzeranno per anni. Igiaba per lungo tempo mangerà e vomiterà, cercando attraverso i rigurgiti di buttare fuori dal suo corpo il dolore, la morte, le immagini della guerra, le armi, lo schifo che prova pensando a fratelli che si uccidono tra loro. Ma neppure dopo il ritorno della madre il Jirro smetterà di tormentare Igiaba: se la prenderà con i suoi delicati occhi.

Parola dopo parola, Igiaba ricostruisce le vicende famigliari. Racconta del nonno paterno, che lei non ha mai conosciuto, il quale lavorava come interprete per Graziani; racconta della gioventù dei suoi genitori, della decisione di raggiungere Roma negli anni Settanta, della condizione di neri in una città fatta quasi esclusivamente di bianchi; parla di colonialismo, di emarginazione, di dolore, di strappi tra il luogo dove vorresti essere – o che vorresti conoscere di più – e il luogo dove vivi.

Sono forti e toccanti i racconti di Igiaba durante gli anni a Mogadiscio, nella scuola internazionale, con tutti quei piccoli italiani figli di chi viveva ancora nell’ex colonia. E terribile è il racconto del giorno in cui, ormai con gli occhi che iniziano a fare i capricci, saluta Mogadiscio per l’ultima volta – senza saperlo – e le resta un ricordo sfocato e tremolante, tutto colorato e caldo.

Sono intense le descrizioni della Somalia schiacciata dal sistema coloniale prima e dalla dittatura di Siad Barre dopo; la condizione della vita delle donne, con la tragica pratica dell’infibulazione che interessa quasi la totalità delle ragazze e donne che vivono in Somalia (compresa la mamma dell’Autrice); di come sua madre, a causa di un brutto trauma, ha perso la capacità di leggere, lei che era la piccola studentessa più brava della classe; la distruzione degli archivi e la perdita della memoria cartacea a causa dei conflitti: per guardarsi indietro, non resta che la memoria personale.

Fu allora che compresi che il mio aabo [padre], come tutto il paese, aveva vissuto una stratificazione di colonialismi, ognuno con la propria ferocia vomitata addosso a corpi neri africani che gli europei invasori consideravano corpi subalterni, da marginalizzare, da sfruttare.
Igiaba Scego, Cassandra a Mogadiscio

Cassandra a Mogadiscio“, l’avrete intuito, mi è piaciuto tantissimo. In effetti, mi sono resa conto di averlo letto troppo in fretta e una volta terminato, sono tornata indietro e ne ho riletti dei frammenti. Ho apprezzato questo libro, intimo e delicato, per diversi motivi.

Ritengo anzitutto che il nostro sistema educativo, ottimo per certi versi e carente per altri, non offra un’adeguata riflessione agli studenti in merito al colonialismo italiano; io stessa, leggendo “Cassandra a Mogadisco” ho dovuto interrompere la lettura per cercare questo o quel personaggio, questa o quella città, questo o quell’evento di guerra. Si conosce troppo poco e questa lacuna andrebbe colmata.

Ho apprezzato “Cassandra a Mogadiscioper lo stile, perfetto, lineare, delicato anche nei momenti di maggiore pathos, capace di condurre pian piano il lettore nella storia; leggerlo è stato come fare un lungo giro tra i fragili ricordi personali della famiglia. Un giro toccante e struggente.

Infine, sento di ho imparato tanto. Talvolta mi capita di leggere libri dove – una volta terminati – mi rendo conto di quanto ho imparato, di quanto mi senta diversa e arricchita una volta terminata la lettura. Ecco: “Cassandra a Mogadiscio” è uno di quei libri. L’ho letto, sottolineato, riletto, compreso a fondo e interiorizzato: e ora lo consiglio a voi. Regalatevi questa esperienza di lettura: vi sarà utile.

Titolo: Cassandra a Mogadiscio
L’Autrice: Igiaba Scego
Editore: Bompiani
Perché leggerlo: se scegliete di leggere questo libro di memorie, di storie, di persone, ne resterete ammaliati. Ve lo garantisco

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.