Maisy Card | Fantasmi di famiglia

“Chi è morto?”, gridò qualcuno.
“Uno dei negri!”, rispose qualcun altro. “Abel!”
Provasti un attimo di confusione a sentirti dichiarare morto. Era come uno di quei film, quando lo spirito del morto resta a guardare la folla che si raduna intorno al suo cadavere. Ma no, tu non eri certo, non era il tuo cadavere, allora salisti sulla nave. Il capitano subito si avvicinò e disse, “mi dispiace, amico. Impossibile che Abel sopravvivesse a un incidente del genere”.
Adesso quasi ridi quando ci ripensi. Quella fu l’unica volta che il razzismo giocò a tuo favore.
Fantasmi di famiglia, Maisy Card, trad. C. Nubile

Questa storia può cominciare in diversi luoghi, in diversi tempi.

Può iniziare nei campi di una piantagione di canne da zucchero nella Giamaica colonizzata dai bianchi, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.

Può iniziare negli anni Settanta del Novecento, quando Abel sposa Vera, il colonialismo in Giamaica è finito, ma la povertà no; può iniziare nei cantieri navali di Londra, quando un terribile incidente pone fine a Stanford, ma per i bianchi i neg(r)i sono tutti uguali e quindi credono sia morto Abel.

Può iniziare nel momento in cui Abel, per liberarsi del peso di Vera e dei suoi due figli Irene e Vincent, decide che sì, è proprio lui che è morto quel giorno ai cantieri navali; così Abel può far credere di essere Stanford, di sostituirsi a lui, e di rifarsi una vita addirittura negli Stati Uniti d’America.

Questa storia può prendere il via quando Stanford/Abel ormai anziano, prossimo al decesso, riunisce tutti i suoi figli – sì, anche i figli avuti con Vera, Irene e Vincent – per spiegare loro il grande inganno.

O ancora, questa storia può cominciare quando Debbie, la moglie di Vincent, scopre di aver avuto bis-bis-bis-nonni negrieri.

E questa storia può finire con la confessione amara di Louise Marie, una ragazza nata in una piantagione di canne da zucchero nel 1817 e immediatamente venduta al signor Paisley affinché ne diventasse figlia.

In tutto questo intreccio complesso di nomi, epoche, date, eventi e fatti più o meno esplicitati, si muovono i fantasmi di famiglia; il popolo giamaicano è talvolta molto superstizioso, credono ai riti vudù, agli esorcismi e di conseguenza ai fantasmi.

Il fantasma di Vera, ad esempio, aleggia spesso sui componenti della famiglia, con la malvagità e l’insopportabilità che l’ha caratterizzata in vita. O le tre bambine, che compaiono sempre quando capita una sorta di disgrazia: chi sono? da dove arrivano? quando sono nate?

Le tre ragazzine hanno provato ad aprire la porta senza far rumore, ma ha scricchiolato. Hanno visto l’uomo che stava annusando la camicia da notte del fantasma, e hanno cominciato a ridere come matte. Insomma, perché qualcuno dovrebbe fare una cosa del genere? Il fantasma di sicuro gli ha fatto un incantesimo.
Fantasmi di famiglia, Maisy Card, trad. C. Nubile

Spiaggia del tesoro, Giamaica (Foto di Caspar Rae su Unsplash)

Fantasmi di famiglia” di Maisy Card, tradotto da Clara Nubile per Tlon edizioni, è un romanzo atipico, molto particolare nella sua struttura e nel suo intreccio. In questa vicenda l’ordine cronologico non esiste, l’Autrice ci fa saltare avanti e indietro nel tempo, attraverso luoghi (Giamaica, Inghilterra, Stati Uniti d’America) e i secoli (Settecento, Ottocento, Novecento, Duemila).

Maisy Card intreccia le vite dei numerosi personaggi tra loro, perché dal momento in cui Abel ha sfruttato la morte dell’amico per prendere il suo posto, ecco che si è venuta a creare un’altra famiglia, con altre caratteristiche, ma capace solo di generare gli stessi identici errori commessi con la prima.

Così, sebbene la vicenda sembri dipanarsi pagina dopo pagina, e a tratti ci si accorga dei collegamenti tra questo o quel personaggio, allo stesso tempo l’intreccio resta ammantato di mistero, come se aleggiasse sempre un detto non detto.

L’Autrice ha volutamente iniziato a narrare storie, molte storie, di famiglia, suscitando in me molta curiosità, ma in sincronia ha chiuso bruscamente i fili della storia di alcuni personaggi che avrei voluto seguire.

Uno su tutti: Debbie, la moglie di Vincent. Il capitolo nel quale Debbie scopre i lontani parenti negrieri, dediti alla detenzione di schiavi e gestori di piantagioni in Giamaica, lei che credeva di essere una pura cittadina americana con origini europee, ecco, la sua vicenda l’avrei voluta più dettagliata. E’ vero che negli ultimi capitoli si alternano le voci di due donne del lontano passato coloniale e narrano la storia che – probabilmente – avrebbe poi scoperto Debbie nel Duemila, ma per me non è la stessa cosa.

Avrei invece fatto a meno del personaggio di Vera, nella sua malvagità talmente perfetta da risultarmi irritante e opprimente (penso che con una moglie così, chiunque avrebbe inscenato la propria morte). Sin dalla sua comparsa tra le pagine, con il viscido e disturbante gesto che s’accinge a compiere, l’ho detestata fin quando è spirata (anche io ho sospirato di sollievo, per poi ritrovarmela fantasma).

Sono poi stati praticamente lasciati da parte i nipoti americani più giovani (i figli di Irene), dei quali l’Autrice ci dice poco o nulla, mentre calca fin troppo la mano sulla tragedia del 1832 avvenuta in piantagione: pagine che a me si sono rivelate troppo lunghe e troppo noiose, alla fine mi è sembrato tutto così ripetitivo (e troppo violento, aggiungo).

Una volta terminato questo romanzo con storie dentro le storie – le quali sfumano l’una dentro l’altra, senza troppa continuità – mi sono accorta che ho letto di troppa violenza e non sono sicura che ciò mi sia piaciuto, come prima cosa; quindi, mi sono resa conto che Maisy Card voleva raccontare un’interessante storia ma ha messo in scena troppi personaggi, fatti, eventi e luoghi e non sono così sicura che sia riuscita a sbrogliare la mia matassa.

L’unica cosa che ho apprezzato di “Fantasmi di famiglia” è stato il fatto che in ogni epoca, in ogni luogo e momento, i rappresentanti della famiglia hanno dovuto combattere per dimostrare chi erano, hanno combattuto contro il razzismo e le difficoltà; chi è rimasto in Giamaica ha guardato con golosità chi era emigrato negli Stati Uniti, ma chi è giunto negli Stati Uniti si è ritrovato a vivere una vita peggiore di quella che conduceva in Giamaica.

In ogni caso, come sempre, quello che ho scritto è un mio giudizio personale e se qualcuno di voi che mi leggete vuole confrontarsi, io sono ben disponibile. Può darsi che sia io il problema di questo romanzo, sia io a non aver capito completamente il tutto.

Titolo: Fantasmi di famiglia
L’Autrice: Maisy Card
Traduzione dall’inglese: Clara Nubile
Editore: Tlon editore
Perché leggerlo: non so se consiglio spassionatamente questo romanzo, ma se siete curiosi e volete provare a leggere un po’ di letteratura dei Caraibi, d’accordo, fate pure

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