Amavo perdermi a Belgrado andando in bici, il mio mezzo di trasporto principale, ragione per cui mia madre ancor oggi mi dice che ho i polpacci di Maradona. La bici mi ha “salvata” in diverse occasioni nella mia città, come nella primavera segnata dal bombardamento del ’99. L’atmosfera carnevalesca che si era creata l’abbiamo vissuta grazie anche al trasporto su due ruote. Con Kristina uscivamo in mattinata, quando le sirene antiaereo tacevano, e rimanevamo in giro sino alle 19.30, ora in cui iniziava il coprifuoco. I nostri giri in bici ogni tanto venivano interrotti dalle sirene che informavano dell’entrata degli aerei nemici sul territorio jugoslavo.
La cicala di Belgrado, Marina Lalović
Ho letto “La cicala di Belgrado” di Marina Lalović, pubblicato da Bottega Errante Editore, per via del mio grande e profondo interesse nei confronti della letteratura e cultura dell’area balcanica. Cercavo un libro che raccontasse una città e una nazione, rispettivamente Belgrado e la Serbia, che non ho ancora visitato perché sono sempre alla ricerca di spunti e idee per organizzare i miei viaggi in quella porzione di mappamondo.
“La cicala di Belgrado” è un libricino piccolino piccolino, molto tascabile, scritto da Marina Lalović, una giornalista di origini serbe che da oltre vent’anni vive e lavora a Roma; le vicende che tra le pagine si intrecciano, sfumando l’una nell’altra, sono raccontate con l’intento di far conoscere ai lettori un po’ di sé ma soprattutto un po’ del proprio paese d’origine e della sua più recente storia.
Marina parte una mattina di fine settembre, nel 2000, alla volta di Perugia. Per ironia della sorte, Marina è l’unica della sua famiglia a non aver mai avuto l’intenzione di lasciare la Serbia – ed è l’unica che poi partirà – e dopo aver vissuto vent’anni in una città lontana dieci ore d’auto dal mare, finisce in Umbria, l’unica regione dell’Italia centrale senza sbocco sul mare. A Perugia per la prima volta conoscerà altri giovani e giovanissimi provenienti dai Paesi della ex-Jugoslavia: cittadini e cittadine croati, montenegrini, bosniaci… scoprendoli così simili a lei come non se li era mai immaginati. A partire dalla facilità con cui tra loro si comunica (la lingua parlata nell’area balcanica è pressoché la stessa) agli stessi pensieri.
E’ infatti l’ironia che Marina Lalović usa per mettere in ordine i suoi ricordi personali e i suoi pensieri, costruendo un libro affascinante, accattivante e davvero interessante da leggere: la città di Belgrado rivive nei suoi momenti di splendore e di declino, cambiando in modo eclatante agli occhi della giornalista dopo ogni suo ritorno.
Gli anni Novanta rivivono tra le pagine, con una giovane Marina che sfreccia per le strade di Belgrado sulla sua bicicletta con l’amica Kristina; rivivono gli anni del Liceo, le serate lungo i grandi fiumi della città – il Danubio e la Sava -, le proteste contro l’allora presidente della Serbia, il peso della guerra contro la Bosnia e la Croazia da poco conclusa, la morte di Tito e il crollo della Jugoslavia; tutto sempre raccontato con entusiasmo, coinvolgimento e – quando ci sta – ironia.
Belgrado è lontana dal mare. Ci volevano dieci ore in macchina per arrivare all’unica costa consentita in quegli anni, in Montenegro (…) Il Danubio è una presenza nella vita che non elabori finché non ti allontani. Credo avvenga lo stesso per coloro che sono nati vicino al mare. Ti manca ma te lo porti sempre dentro. Noi che siamo nati vicino ai fiumi e lontano dai mari abbiamo sviluppato una sindrome, un’ansia da prestazione del tempo trascorso nell’acqua marina.
La cicala di Belgrado, Marina Lalović

“La cicala di Belgrado“, come avrete intuito, è un libro che mi è piaciuto davvero tantissimo. Oltre ai ricordi personali e agli aneddoti, talvolta anche molto divertenti come le sue ossessioni dovute alle superstizioni scolastiche, nel libro si trovano informazioni intriganti legate alla storia della Serbia e di Belgrado, curiosità e modi di pensare e vedere la realtà, sempre narrate con freschezza e gran coinvolgimento.
L’Adriatico ci divide, facendo sì che ci sembri un mondo così diverso, così lontano e così esotico: invece, viaggiando attraverso le storie nei libri e tra le vecchie mura delle città balcaniche, scopro sempre qualcosa di nuovo, che non sapevo; qualcosa di talmente entusiasmante e interessante che mi fa sognare il momento in cui potrò, finalmente, tornare.
Ho lasciato la città subito dopo le ultime proteste per le strade di Belgrado dopo i brogli alle elezioni a cui avevo partecipato per la prima volta, nel settembre del 2000. Kristina mi diceva: “Vai via ora, sul più bello”. Quando, dopo un decennio di buio, nei Balcani, finalmente si vedeva la fine di un politico e di un’epoca. Allora partivo perché sapevo che per vedere quella luce ci sarebbero voluti diversi anni. Ed è allora che mi sono resa conto che un decennio per un paese non significa nulla ma per una persona equivale a una vita.
La cicala di Belgrado, Marina Lalović
Titolo: La cicala di Belgrado
L’Autrice: Marina Lalović
Editore: Bottega Errante Editore
Perché leggerlo: per imparare a conoscere un luogo vicino a noi e solo all’apparenza lontano, un luogo carico di fascino e di storia