Azra Nuhefendić | Le stelle che stanno giù. Cronache dalla Jugoslavia e dalla Bosnia Erzegovina

Il più profondo dolore diminuisce con il tempo, con il passare degli anni siamo in grado di accettare anche le perdite che ci parevano inammissibili, tutto passa tranne il sentimento provocato dall’ingiustizia. Quello cresce, si rafforza con il passare del tempo. E’ il germoglio della futura vendetta. Può restare a lungo assopito, si risveglia quando meno ce l’aspettiamo e, questa forza, chiunque tocchi, lo contagia. Riesce a riproporsi dopo centinaia di anni, per spargere il suo veleno sugli innocenti, inconsapevoli del peccato originale.

Le stelle che stanno giù. Cronache dalla Jugoslavia e dalla Bosnia Erzegovina, Azra Nuhefendić

Inizia e termina con il ricordo di un viaggio in treno, la raccolta di memorie di Azra Nuhefendić “Le stelle che stanno giù. Cronache dalla Jugoslavia e dalla Bosnia Erzegovina” edito da Spartaco edizioni.

Nel primo ricordo, “Il mio papà minatore“, la Nuhefendić rievoca una calda estate, ben prima delle guerre nei Balcani, i bambini jugoslavi venivano portati per tre settimane al mare in una sorta di colonia, e la Nuhefendić ricorda questo lungo viaggio con il cuore colmo di nostalgia per la propria casa.

Nell’ultimo ricordo, “Il treno“, l’Autrice racconta come la ferrovia abbia connesso il grande Paese voluto dal presidente Tito, la Jugoslavia, e come la ferrovia sia stata una delle prime cose interrotte quando gli attriti tra i popoli iniziarono a fare scintille.

La linea ferroviaria fu definitivamente interrotta e per diciotto lunghi anni i treni non circolarono più tra Belgrado e Sarajevo. Dopo s’interruppero altre ferrovie, altre strade, cessarono i collegamenti, i rapporti si estinsero. Ci costringevano a stare in territori sempre più piccoli, dentro confini sempre più stretti, a non muoverci, a interrompere i contatti non solo fisici ma anche mentali, finché la rottura non fu completa, fino a che l’isolamento non si trasformò in assedio.

Le stelle che stanno giù. Cronache dalla Jugoslavia e dalla Bosnia Erzegovina, Azra Nuhefendić

Nel mezzo, ecco una molteplicità di ricordi struggenti che coprono un lasso di tempo che va da prima della guerra al momento in cui la Nuhefendić si stabilirà a Trieste. I Balcani, in particolare la Bosnia ed Erzegovina, vengono raccontati con dolcezza ma allo stesso tempo con il tipico taglio di chi è abituato a scrivere articoli giornalistici.

I ricordi della Nuhefendić sono tanti. Nel racconto “Neve nera“, a mio avviso uno dei più struggenti, viene rievocato l’incendio doloso alla Vijećnica, la Biblioteca di Sarajevo, divenuto poi simbolo della distruzione dell’intera Bosnia Erzegovina e della guerra stessa. Il 25 agosto 1992 i serbi iniziarono a sparare a raffica sulla città assediata, mentre le bombe incendiarie vennero lanciate sulla Biblioteca; ci furono persone che tentarono di salvare i libri, una di queste perse la vita: Aida Butrović, la giovanissima bibliotecaria sconvolta dall’attacco.

Nel racconto la Nuhefendić utilizza l’episodio della biblioteca anche per illustrare l’affetto che i bosniaci provano nei confronti dei libri; nei rigidi inverni dell’assedio, dopo aver raccattato tutto il legno possibile, dopo aver bruciato i mobili e ogni sorta di legname possibile e immaginabile, la Nuhefendić spiega che mai si sarebbero permessi di bruciare i preziosi libri che ogni famiglia aveva in casa.

Un altro stupendo ricordo è “L’esplosione del cervello“, dove la Nuhefendić narra la storia di un pezzo di stoffa sgualcito e ormai consunto, ma totalmente ricamato. Era il canovaccio che la signora Nadja ha ricamato durante l’assedio di Sarajevo: ogni ricamo, un giorno di guerra.

Nei giorni in cui i bombardamenti erano più intensi, per esempio il 22 luglio 1993, quanto 3.777 bombe furono sganciate su Sarajevo, quasi tre proiettili al minuto, scendeva in cantina (…) Nel buio fitto si sentiva sepolta viva. La tormentava il pensiero che il palazzo sarebbe potuto crollare, che lì sarebbe potuta morire senza che nessuno avesse mai saputo come, dove e quando era morta.

Le stelle che stanno giù. Cronache dalla Jugoslavia e dalla Bosnia Erzegovina, Azra Nuhefendić

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Vijećnica, la Biblioteca Nazionale di Sarajevo, oggi restaurata (fonte: Wikipedia)

La memoria personale della Nuhefendić e della sua famiglia si fonde con la memoria collettiva, quella di un popolo che un tempo fu unito sotto il nome di “jugoslavo” e successivamente smembrato; persino la lingua, quell’idioma che ha storicamente unito i popoli jugoslavi, ha cambiato nome: da sempre nota come “serbo-croato”, guai a chiamarla così oggi in Bosnia.

Quella volta capii che la lingua, con la quale avevo pronunciato le mie prime parole, ero cresciuta, mi ero formata e per anni mi ero guadagnata da vivere, non era più gradita. Ancora peggio, che chiamarla serbo-croato, come avevo fatto nei quarant’anni precedenti della mia vita, poteva essere pericoloso (…) In Bosnia Erzegovina la lingua oggi si chiama bosniaco, in Serbia serbo, in Croazia croato e in Montenegro montenegrino, anche se è rimasta uguale.

Le stelle che stanno giù. Cronache dalla Jugoslavia e dalla Bosnia Erzegovina, Azra Nuhefendić

E’ “Le stelle che stanno giù” il ricordo più commovente e toccante dell’intera raccolta: dove seppellire i numerosi morti nel corso degli interminabili conflitti degli anni Novanta? E non solo: la Nuhefendić racconta degli attacchi serbi, da veri vigliacchi, in occasione delle cerimonie funebri. In poco tempo i cimiteri si riempivano e occorreva cercare nuovo spazio. Che i cimiteri si riempissero così in fretta, era di per sé piuttosto orrendo, ma sapere che si riempivano di ragazzi e ragazze giovanissimi, era ancora più terribile.

Ogni volta che visito la tomba penso che mia sorella sarebbe contenta del posto. Da lì c’è una maestosa vista della città. Alla stessa altezza, ma dall’altra parte, c’era una volta la casa dei nonni. Guardano dalle finestre, di notte, le luci della città apparivano come fossero stelle. “Guarda, le stelle stanno giù”, diceva da bambina. Oggi anche noi adulti contiamo le stelle di Sarajevo che stanno sotto.

Le stelle che stanno giù. Cronache dalla Jugoslavia e dalla Bosnia Erzegovina, Azra Nuhefendić

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Grobje Bare, uno dei numerosi cimiteri di Sarajevo (fonte: Wikipedia)

Le stelle che stanno giù. Cronache dalla Jugoslavia e dalla Bosnia Erzegovinadi Azra Nuhefendić è un libro stupendo, destinato a far riflettere, arrabbiare e commuovere chi è interessato ad approfondire i retroscena dei conflitti nei Balcani degli anni Novanta del Novecento; contiene diciotto storie brevi, diciotto ricordi personali e collettivi, che brillano come le luci della città di Sarajevo, ferita ma risorta, ammirate dalle numerose colline che la circondano.

Titolo: Le stelle che stanno giù. Cronache dalla Jugoslavia e dalla Bosnia Erzegovina
L’Autrice: Azra Nuhefendić
Editore: Spartaco edizioni
Perché leggerlo: perché la scrittura di Azra Nuhefendić è precisa, pulita e commovente; un libro utilissimo per immergersi nei duri anni dei conflitti degli anni Novanta del Novecento, per rendersi consapevole di ciò che accadde a pochi chilometri dal confine italiano, pochi anni fa

(Riproduzione riservata)

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