Non è facile andarsene perché tutti gli abitanti della Kolyma, compresi i prigionieri, sono arrivati via mare. E fino a oggi questo è l’unico modo per andarsene: mostrando il documento d’identità e comprando un biglietto per la nave o l’aereo. Proprio come se la Kolyma fosse un’isola (…) Un’isola così distante, quasi fosse un altro pianeta: e infatti anche così la chiamano. Pianeta Kolyma, e tutto quello che sta al di fuori è materik: terraferma, continente. [I diari della Kolyma, J. Hugo-Bader, trad. M. Vanchetti]
Il reporter polacco Jacek Hugo-Bader si trova nella città di Magadan, sul Mar di Ochotsk, nella infinita regione della Kolyma, localizzata nella Russia orientale. L’obiettivo di Hugo-Bader è percorrere la Strada Maestra della Kolyma, una pista accidentata e scassata lunga 2.025 chilometri che conduce a Jakutsk, città principale della Jacuzia; questa pista non è percorsa da autobus di linea o da altri mezzi. Non esiste una ferrovia. L’unico modo per spostarsi è fare autostop, chiedere un passaggio ai numerosi, enormi camion che percorrono questa strada trasportando merci.
Hugo-Bader conosce la Russia ed è consapevole delle difficoltà di un viaggio di quel tipo, in una regione tanto sconfinata quanto pericolosa: non sono infrequenti gli attacchi da parte di animali selvatici quali orsi e lupi, ma il vero pericolo è il clima. Nella Kolyma, in pieno inverno, le temperature possono scendere fino a sessanta gradi sotto lo zero, e il record di temperatura più bassa mai registrata ha sfiorato i settanta gradi sotto lo zero. In luglio, poi, non sono escluse tempeste di neve improvvise, dove la visibilità si annulla, tutto diventa bianco e freddo, e la temperatura scende sui venti gradi sotto lo zero.
Il reporter inizia il suo viaggio in autunno, sapendo di correre un grandissimo rischio: per raggiungere Jakutsk bisogna attraversare il turbolento fiume Aldan e in Siberia, già all’inizio di ottobre, nei corsi d’acqua possono trovarsi dei giganteschi lastroni di ghiaccio; non esiste un ponte per attraversare l’Aldan, la crisi del rublo ha fermato i lavori di costruzione. Restano quindi dei traghetti di linea, che operano fino a quando non iniziano ad arrivare i lastroni di ghiaccio. Dopo, restano delle bagnarole non autorizzate, cariche di disperati e di paura. E Hugo-Bader è quello che vorrebbe evitare, prendere queste imbarcazioni quasi suicide.
Ma prima di pensare all’Aldan, c’è molta strada da percorrere. Hugo-Bader viene tirato su dai camionisti che transitano sulla Strada della Kolyma; di paese in paese, di villaggio in villaggio, il polacco incontra persone che in realtà sono contenitori di storie, di racconti, di emozioni. Camionisti, nonnine, cuochi, medici, ricchi imprenditori senza scrupoli, sciamani, barcaioli abusivi, poliziotti corrotti, ex-militari, uzbeki, osseti, ubriaconi… Nella Kolyma non vivono solo russi, ma anche evenchi, jakuti, ciukci e coriacchi… Ognuno ha una storia e Hugo-Bader ha orecchie per tutti loro.
Hugo-Bader incontra uomini e donne che verso la Kolyma hanno sentimenti contrastanti: c’è chi scapperebbe a gambe levate, ma non ha soldi per farlo, e chi non si sposterebbe dalla Kolyma per tutto l’oro del mondo. Già, l’oro. A proposito dell’oro: la Kolyma viene chiamata il cuore d’oro della Russia e questo già lo sapeva Stalin.
Perché la Kolyma, oltre ad essere una regione sconfinata e lontana dalla capitale russa, è stato il luogo perfetto e ideale per costruire i tristementi famosi GULAG, campi di prigionia e lavoro voluti da Stalin a partire dagli anni Trenta. Gli zek, prigionieri, venivano spediti qui a lavorare, costruivano alla bell’e meglio infrastrutture ma soprattutto estraevano oro e minerali preziosi, utilissimi alla Grande Madre Russia, sempre impegnata tra una guerra e l’altra per espandere i suoi confini, il tutto mentre i prigionieri morivano per il freddo, per la fame, per le malattie, per il troppo lavoro. Ma chi erano questi prigionieri? Nemici del Partito, potenziali controrivoluzionari, nemici personali di Stalin, professori, ingegneri, medici, persone che pensavano usando la propria testa. E molti di loro venivano spediti nella Kolyma per aver violato l’articolo 58 comma 14 del Codice penale della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa. Solženicyn e Šalamov compresi.
Ma cosa predendo ancora da questi russi? Ce l’hanno qui accanto. La centrale elettrica in cui lavorano l’hanno costruita i prigionieri di quel campo. Facevano la quindicina di chilometri dal lager al lavoro e viceversa tutti i giorni a piedi. Anche d’inverno. Questo dovrebbero insegnarlo nelle scuole locali, perché nella Kolyma ogni scuola è attaccata a qualche lager. Qui sono state rinchiuse e sono morte persone innocenti, i loro nonni, e appena oltre le ceneri del lager ci sono gli orti dei pompeiani, gli abitanti di Mjaundža [I diari della Kolyma, J. Hugo-Bader, trad. M. Vanchetti]
“I diari della Kolyma” di Jacek Hugo-Bader (trad. M. Vanchetti, Keller editore, 18 €) è un reportage immenso quanto la Kolyma, è un libro meraviglioso e utilissimo per comprendere un pezzo fondamentale della storia sovietica e per provare a capire la Russia dei giorni nostri.
Il libro è impostato in modo originale, alternando vere e proprie pagine di diario nelle quali Hugo-Bader descrive in due o tre pagine la giornata, con pagine nelle quali approfondisce l’incontro con uno o più personaggi o si lancia in riflessioni personali. Il risultato è un reportage brillante, intelligente e vivido, e a tratti divertente, che insegna, illumina e conquista coloro che vogliono saperne di più del mondo nel quale vivono. Davvero una bellissima lettura.
“Sono arrivato con mia moglie e due zaini (…) Abbiamo dedicato la vita ai figli della strada, ma per me la cosa più importante è che vivo in un luogo ampio, immenso, sconfinato. Ma voi? Perché siete salito su questa bagnarola? Dovete proprio arrivare a Jakutsk? A qualunque costo?”
“No. È il viaggio che è importante, non la meta”. [I diari della Kolyma, J. Hugo-Bader, trad. M. Vanchetti]
Titolo: I diari della Kolyma. Viaggio ai confini della Russia profonda
L’Autore: Jacek Hugo-Bader
Traduzione dal polacco: Marco Vanchetti
Editore: Keller editore
Perché leggerlo: trattasi di un reportage brillante, intelligente e vivido, e a tratti divertente, che insegna, illumina e conquista coloro che vogliono saperne di più del mondo nel quale vivono. Davvero una bellissima lettura.
Sitografia per approfondire:
Alla scoperta della lingua jacuta dell’estremo nord siberiano di Claudia Bettiol
Lo sciamanesimo nella cultura jacuta di Sandro Marra
Kolyma, terra d’oro e d’orrore di Oleg Egorov
(© Riproduzione riservata)
Sapevo che ti sarebbe piaciuto!! è davvero una lettura necessaria per capire la Russia, del Novecento e dei giorni nostri
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Ciao Pina! Sì, è un libro che mi è piaciuto e mi ha coinvolta tantissimo. A breve leggerò anche Febbre bianca 🙂
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Bravissima, la tua recensione è semplicemente perfetta: lo posso dire consapevolmente e oggettivamente perchè ho finito il libro proprio ieri!
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Grazie cara Barbara 🙂
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E a me è venuta voglia di leggerlo: grazie mille per la bellissima recensione!
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Ciao Ondina, grazie per essere passata di qui! Spero che ti piacerà! A presto.
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