“Caspita Polly! Proprio tu che sei sempre così ragionevole!”.
“E’ quello che ho sempre pensato anche io. Ma non funziona più tanto bene. Il fatto è che mi sento inutile (…) Voglio dire, so che quello che provo non conta perché c’è la guerra e via dicendo, però io queste cose le provo lo stesso. Proprio non capisco che cosa ci sto a fare qua. Mi sento come se dovessi guardare in faccia il senso della vita, ma sono anche consapevole che farlo può essere molto pericoloso…”.
“In che senso pericoloso?”.
“Come se dopo non ci fosse ritorno. Come se facendolo vedrei qualcosa che non potrei più dimenticare (…)”. [Il tempo dell’attesa, E. J. Howard, trad. M. Francescon]
Home Place, settembre 1939. Il Generale spegne la radio: la Polonia è stata invasa dalle truppe di Hitler. È iniziata ufficialmente la guerra. I Cazalet, riuniti nella casa di campagna nel Sussex, restano in silenzio e a Polly pare di sentire il battito del proprio cuore echeggiare nelle ampie stanze.
Gli anni della leggerezza, quelli descritti nel primo volume della saga dei Cazalet, sono ormai lontani. Sono un bel ricordo le gite al mare, le partite a tennis, le cene sobrie ma abbondanti, le feste di Natale e la spensieratezza di adulti e bambini.
Se solo un anno prima sembrava che la guerra fosse stata scongiurata, oggi è una minaccia più reale che mai. La guerra porta con sé preoccupazioni, dubbi e tanta, tantissima paura. Sono gli adulti ad arruolarsi: Edward in forze alla RAF e Rupert in Marina, mentre Hugh resta a Londra ai moli della segheria dei Cazalet, costantemente minacciato da incursioni aeree. A Home Place restano il Generale, quasi cieco, e sua moglie la Duchessa; Sybil, Villy e Zoë sono preoccupate per le sorti dei rispettivi mariti. I figli maschi, Simon e Teddy, vanno nei collegi che, nonostante le incertezze della guerra, sono aperti, mentre le ragazze, Louise, Clary e Polly, e i bambini, Neville, Lydia, Roly e Wills, restano a Home Place.
Questo nuovo capitolo della saga dei Cazalet abbraccia un lasso di tempo che va dall’invasione della Polonia il 1° settembre 1939 all’indomani dell’attacco a Pearl Harbor il 7 dicembre 1941, il momento in cui la guerra assume proporzioni mondiali.
Per raccontare questi due incerti e primi anni di guerra la Howard sceglie tre diversi punti di vista: Louise, la figlia di Edward e Villy, che sogna di diventare attrice nonostante l’avversione dei genitori; Clary, la figlia di Rupert, una ragazza curiosa e sveglia, che sogna di diventare una scrittrice e annota e appunta tutto ciò che le succede; Polly, la figlia di Sybil e Hugh, che vive la guerra come una prigionia mentre cerca di capire cosa vuole diventare, sentendosi sempre troppo vecchia e allo stesso tempo troppo giovane per ogni cosa.
Adesso il futuro le sbadigliava in faccia come un grosso, apatico punto interrogativo. Che ne sarebbe stato di lei? Che cosa mai se ne sarebbe fatta dei molti anni che presumibilmente l’attendevano? Avrebbe guardato il tempo che passava: lei non aveva sviluppato nessuna vocazione, a differenza di Louise e Clary che avevano sempre avuto le idee chiare su ciò per cui erano nate (…) [Il tempo dell’attesa, E. J. Howard, trad. M. Francescon]
Durante questi anni difficili, oltre alla guerra e ad un silenzioso e labile cambio di costumi, le ragazze si troveranno a risolvere problemi piuttosto impegnativi per la loro età: Louise si unirà ad una compagnia teatrale, scoprendo che la carriera degli attori è tutt’altro che semplice, mentre conoscerà nuove persone che le instilleranno molti dubbi riguardo ai suoi costumi; Clary inizia a fare pace con Zoë e scopre di amare moltissimo la nuova sorellina, ma un giorno riceverà una telefonata che le cambierà la vita; Polly farà i conti con la malattia di una persona a lei molto, molto cara e, dato il suo buon cuore, cercherà di prendersi cura del povero Cristopher, cugino di Louise.
Ma nonostante tutto, tra lutti, separazioni, tradimenti più o meno velati, equivoci, nascite, colpi di scena, attacchi aerei, nuovi personaggi, rivelazioni scioccanti e profonde riflessioni, i primi due anni di guerra trascorreranno per ognuno dei Cazalet.
Ho capito cosa vuoi dire. E’ una specie di trappola. Uno non dice le cose alle persone a cui vuole bene. Invece io penso che più vuoi bene a qualcuno, più dovresti dirgli tutto, anche le cose brutte. Credo che dirsi le cose sia il più grande gesto d’amore [Il tempo dell’attesa, E. J. Howard, trad. M. Francescon]
Il secondo volume della saga, “Il tempo dell’attesa” appunto, è un romanzo più corposo del primo volume ma è altrettanto scorrevole e molto più intrigante. La Howard descrive con cura e senza mai annoiare i pensieri e i sentimenti dei suoi personaggi. Sullo sfondo, c’è la guerra vissuta soprattutto attraverso gli occhi dei civili e delle giovani Cazalet: la paura degli attacchi aerei, l’impotenza di non poter far nulla, la voglia di rendersi comunque utili agli altri attraverso il volontariato. E quello della Howard, quello di non annoiare mai e mantenere sempre un ritmo costante, è un dono che è un appannaggio dei grandi scrittori e dei grandi romanzi.
In questo secondo capitolo della saga si entra nel vivo della vicenda: si conoscono più da vicino i personaggi che ci sono stati presentati nel primo libro, si scoprono i loro difetti e i loro pregi, possiamo rivalutarli, in bene o in peggio, possiamo insomma osservare come le persone cambiano col trascorrere del tempo. Ci scopriamo d’accordo con loro, oppure in contrasto, coinvolti ad un punto tale che, appena chiuso il libro, vorremmo tornare immediatamente a Home Place, nel gelido Sussex.
Titolo: Gli anni della leggerezza
L’Autrice: Elizabeth Jane Howard
Traduzione dall’inglese: Manuela Francescon
Editore: Fazi
Perché leggerlo: perché è una saga famigliare bellissima, coinvolgente, intrigante e soprattutto ben scritta
Leggilo se: hai letto e apprezzato “Gli anni della leggerezza” della stessa autrice
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