Emily Dickinson | Silenzi

Brucia luminoso nell’oro e in porpora si spegne,
balza nel cielo come orde di leopardi
poi, per morire posa il suo volto chiazzato
ai piedi del vecchio orizzonte
e così basso si china fino a toccare la finestra
in cucina e il tetto, e a colorare il granaio
e mandare un bacio, col cenno del berretto, al prato –
Infine il giocoliere del giorno svanisce.
(228, Emily Dickinson, trad. Barbara Lanati)

Suppongo di essere la persona meno adatta per parlare di poesia: ne leggo pochissima e mi trovo in seria difficoltà a commentare dei versi, a tirar fuori un discorso sensato e a spiegare le emozioni suscitate durante la lettura. Le poesie di Emily Dickinson, oltretutto, non sono di immediata comprensione, benché alcuni versi siano – a mio avviso – magnifici e struggenti.

(…)
E adesso un ricordo di ametista
è tutto ciò che mi resta.
(245, Emily Dickinson, trad. Barbara Lanati)

Il volume “Silenzi” (trad. Barbara Lanati, Feltrinelli, 240 pagine, 9 €) è un’agile raccolta di alcune delle poesie della grande poetessa americana: avevo già letto “Silenzi” anni fa, preso in prestito in biblioteca, e ora grazie ad Acciobooks sono riuscita a recuperare il volume e ne ho approfittato per rileggerlo. Le poesie scelte dalla curatrice Barbara Lanati pongono l’accento sulla scrittura inquieta, astratta ma sensuale allo stesso tempo, cercando di presentare la poetessa americana come persona concreta, viva, non evanescente.

Notti selvagge – Notti selvagge!
Fossi io con te
notti selvagge sarebbero
la nostra passione.
(249, Emily Dickinson, trad. Barbara Lanati)

La figura di Emily Dickinson mi ha sempre affascinata: Emily era una giovane donna vestita di bianco che all’età di venticinque anni decise di non uscire più dalla sua stanza (neppure per andare ai funerali delle persone importanti della sua famiglia); una giovane donna che per anni – pochi, in verità, perché morirà a soli 56 anni – scrive febbrilmente versi su versi, rilegando personalmente le pagine per non perderle.

“The Four Leaf Clover”, Winslow Homer.

Una poetessa, la Dickinson, che durante la vita fu quasi ignorata dai critici dell’epoca, riuscendo a pubblicare solo sei poesie. Tutte le altre rimasero nella stanza della donna fino alla sua morte, avvenuta nel 1886; la pubblicazione delle sue poesie iniziò nel 1890, grazie all’interessamento della famiglia della Dickinson.

Se tu dovessi arrivare d’autunno,
caccerei l’estate
come la massaia caccia la mosca,
con un piccolo sorriso e una smorfia di sdegno.

Se potessi rivederti tra un anno,
dei mesi farei tanti gomitoli –
che riporrei in cassetti diversi,
per paura che i numeri si rifondano –

Se solo fosse questione di secoli, d’attesa,
li conterei sulla mano, sottraendo,
fin quando non mi cadessero le dita
nel paese di Van Dieman.

Se fossi certa che oltre questa vita,
la mia e la tua saranno –
la butterei lontana, come una buccia, la mia –
e sceglierei l’eternità –

Ma ora – incerta della durata di questa –
che a metà si pone,
come un pungolo la sento, un’ape folletto –
di cui non sai – quando pungerà.
(511, Emily Dickinson, trad. Barbara Lanati)

Emily Dickinson fu una donna sensibile, tanto timida da sembrare quasi che volesse vivere senza lasciare il segno. Sembrava essere trasparente, vivere una vita eterea e fuori dal tempo e dallo spazio. Invece, il segno l’ha lasciato: consegnandoci i suoi bellissimi versi, a volte un po’ difficili ma spesso geniali.

“Easthampton” Thomas Moran (1897)

Portami il tramonto in una tazza,
sommami le caraffe del mattino
e dimmi quante stillano di rugiada.
Dimmi fin dove salta il mattino –
Dimmi fin quando dorme colui
che intrecciò e lavorò le vastità d’azzurro.

Scrivimi quante sono le note
tra i rami incantati
raccolte nell’estasi del nuovo pettirosso –
E quanti viaggi della tartaruga –
E quante le coppe di cui l’ape si nutre,
Baccante di rugiada!

E ancora, chi posò i moli dell’arcobaleno,
chi conduce le docili sfere
con vinchi di morbido azzurro?
E ancora quali rinsaldano le statalliti,
chi conta le conchiglie della notte,
per vedere che non ne manchi nessuna?

Chi costruì questa casupola bianca
e così salde ne serrò le finestre
che al mio spirito non è dato vedere?
Chi mi farà uscire un giorno di gala
e mi darà quanto occorre per volare via
più sfarzosamente di un re?
(128, Emily Dickinson, trad. Barbara Lanati)

Titolo: Silenzi
L’Autrice: Emily Dickinson
Traduzione e scelta delle poesie a cura di: Barbara Lanati
Editore: Feltrinelli
Perché leggerlo: per iniziare a conoscere una delle maggiori poetesse americane dell’Ottocento, per restare incantati e confusi di fronte alla bellezza di certi versi.

(©Riproduzione riservata)

6 pensieri su “Emily Dickinson | Silenzi

  1. Vittorio Tatti ha detto:

    Una delle mie autrici preferite, senza dubbio; schiava della solitudine, ma anche sua fedele compagna.
    È da tempo che sto cercando una raccolta completa di tutte le sue poesie e lettere.

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  2. ROSANNA ha detto:

    Sono stata sempre attratta da questa scrittrice è molto curiosa del suo privato.
    Non conoscevo bene le sue poesie e le trovo veramente profonde e struggenti, ma a tratti lievi come il battito delle ali di una farfalla. Grazie a te Claudia di averci dato modo di conoscere questa raccolta preziosa, una vera chicca per noi appassionati dell’autrice.

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  3. ateatroconila ha detto:

    Una autrice tormentata dalla sua stessa vita che si è rifugiata negli scritti e nelle poesie per esprimersi.come non capirla? I libri sono la parte creativa del nostro essere .io sono appassionata di libri ma anche di teatro, e ho fatto un blog teatrale per diffonderne la cultura.Alla prossima saluti

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