Inge Sargent | Il tramonto birmano. La mia vita da principessa shan

L’arte e la cultura del Sud-Est asiatico mi affascinano da sempre, pur non avendo mai studiato i dettagli della storia di questi Paesi. Della Birmania, o più correttamente Myanmar, conoscevo solo vagamente la storia travagliata e uno dei personaggi più famosi birmani: la politica e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi.

Non conoscevo, al contrario, nulla degli stati Shan e della storia interessante e complessa di questo popolo caparbio e orgoglioso. La lettura de “Il tramonto birmano. La mia vita da principessa Shan” di Inge Sargent (add editore, 283 pagine, 18 €, trad. M. Emo e P. D’Ortona, ill. di Elisa Talentino) mi ha insegnato molte cose e illuminata molto, nonché commossa verso la fine.

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Titolo: Il tramonto birmano. La mia vita da principessa shan

L’Autrice: Inger Sargent è nata in Austria nel 1932. Nel 1953 sposa Sao Kya Seng e si trasferisce nel nord della Birmania, negli stati Shan. Dopo il colpo di stato militare nel 1962 e la scomparsa di Sao, Inge fugge negli Stati Uniti con le figlie. Attivista da sempre, ha vinto nel 2000 il Premio Internazionale per il Diritti Umani delle Nazioni Unite

Traduzione dall’inglese: Margherita Emo e Piernicola D’Ortona

Editore: add editore

Il mio consiglio: è un ottimo romanzo per avvicinarsi alla cultura birmana e shan, per scoprire la storia di un popolo oppresso da un regime autoritario, che non ha mai perso la speranza di un futuro migliore

Il suo pensiero corse a Thusandi. Lo aveva seguito sull’altopiano shan dalla nativa Austria ed era sua moglie da dieci anni. Probabilmente dormiva, con le bambine nella metà del letto che di solito occupava lui. Immaginava il corpo alto e snello della moglie abbandonato nelle lenzuola damascate e i capelli castani lunghi fino alle ginocchia acconciati per la notte. Era sicuro che non l’avrebbero importunata. Si compiacque a immaginare lo sdegno e la furia con cui avrebbe accolto la notizia dell’arresto. La amava per moltissime ragioni, ma in quel momento la amava più di tutto per la sua forza di volontà, per la sua determinazione a fare ciò che è giusto. Per la prima volta in quella giornata orribile, le labbra gli si schiusero in un sorriso. [Inge Sargent, Il tramonto birmano, trad. M. Emo e P. D’Ortona]

Nel 1951 la studentessa austriaca Inge Eberhard vince una borsa di studio all’Università di Denver, dove conosce Sao Kya Seng un ragazzo birmano studente di ingegneria mineraria. Sao e Inge si innamorano e si sposano in Colorado due anni dopo. Nel 1954, completati gli studi, Sao porta la moglie Inge in Birmania, ma all’arrivo la giovane ragazza austriaca scopre una cosa a dir poco incredibile: Sao è uno dei principi regnanti degli stati Shan.

Dall’oggi al domani Inge scopre quindi di essere la moglie di un principe, con una serie di doveri da rispettare e soprattutto con moltissime cose da imparare riguardo alla cultura shan. Anzitutto, Inge perde il suo nome perché l’astrologo di corte le indica Thusandi come appellativo ideale e corretto secondo alcune congiunzioni astrali; si ritrova a studiare il birmano e la lingua shan, un idioma quest’ultimo molto complesso perché tonale: ci sono parole che si scrivono nello stesso modo, ma in base al tono vocale assumono significati totalmente diversi; Thusandi scopre anche quanto sia amato Sao dal suo popolo: il principe regnante non è un crudele tiranno, bensì un uomo che vuole sviluppare lo stato, sfruttuando in modo responsabile le risorse minerarie, piantando alberi da frutta e sviluppando allevamento e agricoltura.

Quando nascono le loro figlie, Mayari e Kennari, sembra che davvero nulla possa ledere tanta gioia e felicità. Pur essendo a migliaia di chilometri dall’Austria, Thusandi si sente a casa con Sao e le bambini, accolta da un popolo dalla mente aperta e dalle tradizioni secolari.

Eppure, il destino gioca un brutto scherzo alla famiglia del principe Sao Kya Seng: se gli stati Shan, pur aderendo all’Unione Birmana, hanno sempre goduto di una certa autonomia, politica ed economica, con l’avvento di alcuni sgradevoli personaggi insediatisi nel governo birmano tutta questa libertà non è più tollerata. Il generale Ne Win, seguace delle teorie marxiste, il 2 marzo 1962 rovescia il governo democratico della Birmania e lo destituisce, insediando quella che diventerà una dittatura militare che opprimerà la Birmania per ventisei lunghi anni.

Sao Kya Seng sceglie la via diplomatica, vuole parlare con la gente che ora governa la Birmania e che vuole soffocare i popoli shan e altre minoranze etniche. Ma Sao scompare il 2 marzo 1962 e Thusandi resta sola, con due figlie piccole e una situazione politica e sociale per nulla facile da gestire. Quando il 2 marzo i militari fanno perdere le tracce di Sao a Thusandi, tutta la loro felicità si sgretola in un attimo.

«Ci siamo. Siamo tornati a casa» disse a voce bassa, pensando che lei non lo sentisse. Vedere dall’alto la terra dei suoi avi suscitava in lui una giostra di emozioni: gioia, sollievo, felicità e trepidante attesa. Si tolse gli occhiali per asciugarsi le lacrime. Gli era servito tutto il suo autocontrollo per non scoppiare in un pianto dirotto. Si protese verso Thusandi e, nei limiti concessi dalla cintura, la abbracciò; sentiva il bisogno di toccarla e di stringerla. Aveva raggiunto l’obiettivo che si era prefisso quattro anni prima: tornare a casa in qualità di ingegnere minerario, per aiutare il suo popolo a sfruttare la ricchezza sepolta nella loro terra. Il titolo ereditario di principe se lo sarebbe «guadagnato». E poi portava con sé una moglie che aveva scelto lui, che lo avrebbe amato e aiutato in qualunque passo necessario per realizzare il suo destino. [Inge Sargent, Il tramonto birmano, trad. M. Emo e P. D’Ortona]

Senza pietismi, ma sempre con grande orgoglio, Inge Sergent racconta in terza persona gli anni più belli della sua vita, quelli in cui ha vissuto in una terra lontanissima dall’Austria, ma dove si è sempre sentita a casa, amata e accolta da un popolo fiero. Inge racconta il suo grandissimo amore per Sao e per le figlie, gli impegni sociali con la struttura per far nascere i bambini shan in sicurezza e con l’assistenza medica, le avventure e disavventure quotidiane. L’impegno sociale, in particolare, crescerà sempre più sfociando nelle sue battaglie sociali e politiche.

Il tramonto birmano. La mia vita da principessa shan” è un romanzo scorrevole e utile per avvicinarsi alla cultura shan e alla storia recente della Birmania, un luogo senza dubbio lontano da noi, ma non per questo degno di interesse.

L’epilogo della storia, purtroppo, non è felice: nessuno ha mai rivelato ad Inge che fine abbia fatto il principe Sao Kya Seng. Ogni anno Inge scrive una lettera al governo birmano per chiedere spiegazioni, senza mai ricevere risposte. Oggi Inge Sargent è attivista per i Diritti Umani, ha fondato un’associazione per aiutare i profughi birmani e nel 2000 ha ricevuto il Premio Internazionale per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Il dolore per la perdita di Sao e della felicità conquistata con tanti sacrifici si sono trasformati in un impegno civile e concreto per aiutare i più deboli, coloro che sono sempre dimenticati dai governi e dalle persone.

19 pensieri su “Inge Sargent | Il tramonto birmano. La mia vita da principessa shan

    • Claudia ha detto:

      Ciao Cristina!
      Sì, è una storia parecchio triste che riflette sicuramente moltissime altre situazioni che non sono mai state narrate. Il fortissimo amore tra Sao e Inge/Thusanti commuove davvero!

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      • Claudia ha detto:

        Gentile Marco, avendo letto il libro so che è non c’è niente di inventato.
        Dato che siamo qui a fare i precisi e sembra che io non sia in grado di usare le definizioni (non sono un’umanista, lo ammetto, ma le definizioni base della letteratura penso di conoscerle), ho letto la definizione di romanzo: “Il romanzo è un genere della narrativa in prosa”, dover per genere si intende “una categoria della scrittura letteraria” (la quale comprende anche la biografia e l’autobiografia), dove per narrativa si intende “forma di organizzazione del discorso umano che nella comunicazione di proprie conoscenze scelga di raccontare, invece di rappresentare il mondo in altro modo” e dove per prosa si intende “è una forma di espressione linguistica non sottomessa alle regole della versificazione”. Da nessuna parte leggo che il romanzo per definizione è qualcosa di inventato a prescindere, indi non sono nel torto nel definire “Il tramonto birmano” di Inge Sergent come “romanzo” basato sui fatti veri, appunto la sua autobiografia e la biografia del marito. Saluti!

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    • Claudia ha detto:

      Ciao Michela!
      Sono contenta che questa mia recensione ti sia piaciuta 🙂
      Conoscendo pochissime cose sulla Birmania questo libro è stato davvero molto utile e interessante da leggere 🙂

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  1. Iome Loil ha detto:

    sto visionando l opera citata ,e sono giunto circa a meta dell analisi coscienziosa . premetto che a grandi linee conoscevo la vicenda in termini generici ,e inevitabilmente si contrappone a paralelismi con le esperienze patite da aung san suu kyi e il coniuge michael harris,nelle dovute proporzioni in ruoli inversi. per quanto mi concerne frequento il myanmar da quasi 18 anni di viaggi discontinui ,fra varie tematiche argomentate sul luogo e nella pratica,scorrazzando a piu non posso ove mi fosse stato consentito dalle zone anche fuori gli itinerari turistici. chi fosse interessato ha saperne maggiormente sugli esami di viaggio e percorsi personali ,puo scrivermi direttamente su=: viso di libro (fb)

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  2. Iome Loil ha detto:

    desidero comunicare con le 2 autrici/traduttrici……..margherita emo,elisa talentino ,nell intento d effettuare alcune correzzioni concernenti le date riportate dal libro stesso medesimi ,e non solamente ,allo scopo d aggiungere ulteriori elementi base non inseriti…….(no mitomane),ne li gradisco in ricezione

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